C’è qualcosa che chiunque associa automaticamente a Milano ancor più di Panettone, Duomo, moda e squadre di calcio…
Anche chi non vi è mai stato sa del Biscione!
I più lo rammentano perché simbolo di Canale 5 e della compagnia Mediaset detti appunto Gruppo del Biscione, ma lo si ritrova in qualunque cosa possa essere definito made in Milan…
Quello che pochi sanno è però che il Biscione è in realtà un drago e che la sua inquietante storia arriva e riverbera fino ai giorni nostri in modi che vanno ben oltre i brand meneghini…
La leggenda ebbe inizio presso il lago Gerundo, formato tra i fiumi Adda e Serio e pomposamente detto mare Gerundo… ove viveva il terribile drago Tarantasio.
Sottovoce per non attirarne l’infausta attenzione, si diceva dedito a divorare i bambini che osavano inoltrarsi solitari lungo le sponde del fiume Adda perdendosi tra le fitte nebbie che proprio lui creava con il suo mefitico alito capace, per altro, di causare anche tremende pestilenze di febbre gialla…
Il mito prosegue narrando come il fondatore dei Visconti, saputo delle malefatte del drago, lo affrontò trovandolo intento a banchettare con un bambino e lo sconfisse dopo un epico duello.
Non pago, prosciugò l’intero lago Gerundo affinché la carcassa marcendo non si disperdesse nelle acque generando chissà quale altra immonda creatura e a memoria dell’impresa, pose il Biscione con il bimbo tra le fauci sullo stemma che poi donò alla città di Milano…
Fin qui si sarebbe autorizzati ad affermare che poco di nuovo vi sia rispetto a leggende analoghe, fin da quella di San Giorgio, dove l’orrida bestia era abbattuta dal valoroso, e spesso santo, cavaliere senza macchia e senza paura…
Ma qualcosa non torna e misteri oscuri aleggiano sull’origine della casata viscontea a partire dal motto nel blasone…
Vipereos mores non violabo…
traducibile con “Non violate le usanze del Biscione” o dato che Vipereos (biscia) era usato anche per drago… “Non violate le usanze del Drago”…
Anche lo stemma aveva qualcosa di anomalo… non rappresentava affatto un nobile cavaliere intento ad affrontare e sconfiggere la bestia ma piuttosto rappresenta il solo drago in tutto il suo fulgore con un uomo tra le fauci…
Molto gli storici ed esperti di araldica hanno dibattuto a riguardo arrivando ad ipotizzare parallelismi con il mito biblico di Jona e la Balena dove l’uomo (non più bambino) in bocca al drago non veniva mangiato ma tornava piuttosto alla vita, cancellando quindi tutta la valenza negativa della creatura…
Una delle interpretazioni più interessanti propone però che i Visconti discendessero da antiche popolazioni Celtiche dedite al culto del Drago che vivevano in armonia con queste creature fin dalla notte dei tempi…
Quale che sia l’interpretazione corretta, Tarantasio non ha però smesso di far parlare di sé neppure in epoca moderna uscendo dal mito ed entrando in quelle che vengono sbrigativamente archiviate come leggende metropolitane…
Il fiume Adda, nei luoghi dove si narrava si trovasse la dimora del drago, dona le sue acque al Naviglio Martesana, chiamato affettuosamente Naviglio Piccolo, costruito da Francesco Sforza (della famiglia Visconti) e su cui lavorò anche il grande genio Leonardo da Vinci. Questi scorre fino a Viale Gioia dove fu interrato negli anni Trenta.
Ed è qui che il mito si ricollega a bizzarri avvenimenti registrati ai giorni nostri…
Accanto al Naviglio sorge la stazione Centrale, una struttura sopraelevata sotto la quale si snoda un dedalo di cunicoli, magazzini negozi abbandonati e tunnel dimenticati in cui correvano i vecchi treni littorei… spazi disposti su ben tre livelli che, sempre più, sprofondano nel sottosuolo e di cui solo il primo, quello ad altezza strada fu per decenni occupato seppure per lo più da diseredati che cercavano riparo…
Nessuno osava, invece, spingersi più in basso dove si sarebbe potuto trovare più spazio e riparo… perché troppe erano le voci di misteriosi avvistamenti…
Tra il buio ed una fitta innaturale nebbia, misteriose creature si muovevano silenziose, annunciate solo da fiochi sibili come il soffiare di rettili… ed era proprio questo l’aspetto che i numerosi testimoni descrissero… umanoidi alti e dinoccolati con l’aspetto di rettili dagli occhi piccoli e sfuggenti e lingue saettanti.
Non c’è notizia di attacchi alle persone anche se, si racconta, numerosi homeless avventuratisi in basso non abbiano mai fatto ritorno.
Per quanto le testimonianze dei senzatetto possano apparire frutto di abitudini di vita tutt’altro che salutari, non sono le uniche.
Tutti i tentativi di recupero dei locali sotterranei fatti nei decenni furono frettolosamente abbandonati senza spiegazione e quando ad inizio duemila cominciò la riqualificazione in vista dell’Expò si trovarono misteriose porte verso le profondità che vennero prontamente murate dopo ispezioni da cui gli addetti tornarono con racconti inquietanti di ombre che scivolavano tutte attorno e cantilene non umane provenienti da punti imprecisati dietro le mura…
La motivazione ufficiale dell’abbandono dei piani inferiori fu che la bonifica sarebbe risultata troppo lunga, costosa e pericolosa anche a causa dell’aria resa tossica da decenni di muffe e polvere.
Oggi la zona sta lentamente rinascendo ma permane il dubbio che la progenie di Tarantasio, detta Tarantasiani, viva ancora sotto Milano e che murate le antiche porte d’accesso, abbia trovato nuove vie per uscire ad aggirarsi furtiva nei viottoli fino al natio Naviglio…
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